Il supereroe che ci meritiamo

Il supereroe che ci meritiamo watchmen

Negli ultimi anni i supereroi hanno letteralmente invaso il nostro immaginario, espandendosi dal media fumettistico e conquistando non solo quello cinematografico, con l’ormai onnipresente Marvel Universe, ma anche quelli videoludici (Batman Arkham, Infamous, Viewtiful Joe) e letterari (Steelheart).

Il motivo di tale successo è stato studiato e approfondito da praticamente qualsiasi grande produttore di media narrativi, che ha, e sta, cercando il modo di ricreare il fenomeno che ha trasformato un sottogenere in una vera e propria categoria a sé stante; dando vita nel tempo a una moltitudine di opere che spaziano in ogni settore, da quello comico fino ad arrivare addirittura a quello romantico. C’è poco da dire, i supereroi si sono guadagnati un posto nella nostra cultura pop, e oserei dire anche una buona dose di rispetto a cui, fino a pochi decenni fa, non potevano nemmeno ambire.

Per quanto riguarda questo fenomeno, e il perché i supereroi si siano radicati così saldamente nella nostra cultura, ci sarebbe così tanto da dire che servirebbe un articolo a se stante, e che magari potrei scrivere in futuro, se foste interessati. Ma oggi sono qui per esporvi qual è il mio pensiero riguardo il livello di narrazione di questo genere, che nonostante la perenne crescita, e le ormai centinaia di opere scritte e messe in scena, sembra faticare ad essere esplorato in tutto il suo potenziale.

Purtroppo la mia cultura in ambito fumettistico è alquanto limitata, ma, per quelle poche opere che ho letto, posso asserire che le affermazioni che mi appresto a fare si riferiscono per lo più agli altri media, e molto meno a quest’ultimo, in cui i supereroi hanno avuto una storia e una crescita molto più lunga, che li ha portati ad oggi ad avere opere con una profondità narrativa invidiabile.

Ma partiamo dalla domanda su cui si basa il mio pensiero: cosa manca alle storie di supereroi di oggi?

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Badate bene, non voglio dire che i film della Marvel o della Dc siano brutti, ma è evidente che il loro livello di scrittura sia fin troppo limitato a formule ormai già viste e riviste. Per quanto essi intrattengano sempre, divertendo e incuriosendo, raramente ci siamo trovati di fronte a opere che, narrativamente parlando, si potessero definire veri capolavori.

Fatta eccezione per titoli che hanno effettivamente approfondito, e oserei dire anche innalzato, il livello qualitativo di questo genere (ad esempio la trilogia del cavaliere oscuro di Nolan o Watchmen), solitamente le tematiche trattate e le sensazioni create si assestano ad un livello semplicistico, facilmente comprensibile da qualunque lettore/spettatore senza necessitare di un particolare impegno o background culturale per apprezzarlo.

La formula è semplice: c’è un eroe ben definito e riconoscibile, un cattivo, anche lui facilmente identificabile, tanti combattimenti e via verso il lieto fine. Tutto è bianco o nero, ben delineato e definito. Sappiamo fin dalla prima scena chi sarà il personaggio per cui tiferemo, e chi il cattivo che prenderà le botte. Spesso, addirittura, potremo anche prevedere ogni singola scelta del protagonista, in quanto farà sempre la scelta più giusta.

Come vi dicevo, questa semplificazione è necessaria per rendere la fruibilità dell’opera il più aperta possibile, nonché per l’emancipazione di questo genere; perché per quanto Watchmen sia, a mio avviso, l’opera supereroistica più bella di sempre, difficilmente avrebbe potuto raggiungere tante persone quanto i vari film degli Avengers. E anche vero, però, che l’intrattenimento non si basa solo sulle opere facilmente accessibili e semplificate, e per fortuna esistono schiere di amanti dello storytelling come noi, che vogliono e richiedono storie più elaborate, non per forza serie o complicate, ma sicuramente meno prevedibili e più originali.

La trilogia di Nolan funziona perché è una storia per adulti, con ideali più complessi del semplicistico concetto di giusto o sbagliato; con personaggi che hanno difetti morali e ossessioni personali; e antagonisti che rappresentano le pazzie più profonde dell’animo umano, nati dalle conseguenze dei nostri errori come società. Questo è un esempio del potenziale narrativo dei supereroi: una narrazione che da valore alla capacità interpretativa dello spettatore.

 È un vigilante che opera al di là della legge per realizzare qualcosa di positivo, ma spinto da desideri negativi infrange la legge e rischia di distruggere la società. Penso che sia una figura di supereroe complessa e molto problematica ed è per questo che è così interessante trattarlo.

Christopher Nolan

Abbiamo bisogno di meno bianco e nero e molto più grigio! Necessitiamo di personaggi che siano umani per davvero, con i loro errori e le loro debolezze. Vedere ogni membro degli Avengers o della Justice League, che nonostante le differenti origini e motivazioni, alla fine si comportano tutti allo stesso modo, non può emozionarmi al di là del semplice intrattenimento, perché non avviene mai nessun reale scontro all’interno della loro personalità.

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Un’altra caratteristica che manca sempre di più nella narrativa supereroistica è l’originalità dell’incipit. Ci troviamo sempre di fronte a un eroe che deve fermare un antagonista, che quasi sempre è cattivo perché sì, privo di un reale mordente o del fascino del cattivo se non la sua pura presenza scenica. Questo non solo assottiglia il personaggio, e di conseguenza anche l’eroe di turno a cui dovrebbe fare da nemesi, ma smorza anche la potenza della storia.

Prendiamo ad esempio Watchmen: ognuno dei suoi personaggi è difficilmente identificabile come solo buono o solo cattivo, e anche alla fine non ci si può ritenere totalmente dalla parte di uno piuttosto che dell’altro. La sua storia non ha supercattivi, ma vere ideologie politiche e sociali. Ogni supereroe è unico, e se chiedete a dieci persone diverse, ognuno di loro alla fine si sarà identificato in uno differente.

Sono dell’idea che il potenziale della narrativa supereroistica sia stato appena toccato, con ben poche opere che ne hanno tirato fuori storie in grado di emozionarci e conquistarci. Servono idee originali, come quella di Steelheart, in cui ad avere i superpoteri sono i cattivi e non gli eroi; sceneggiature che vadano al di là del semplicistico concetto “da grandi poteri derivano grandi responsabilità” che, seppur sempre bello e attuale, è ormai saturo.

I supereroi potrebbero mostrarci non solo la fisicità di un’ideologia, come fatto in V per vendetta, ma anche le ossessioni e le debolezze più recondite della nostra società; le problematiche più comuni delle singole persone, come l’emarginazione e la standardizzazione dell’individuo; la mancanza di aspirazione; la debolezza delle istituzioni. Il concetto di essere umano che si eleva per ispirare il prossimo può adattarsi ed essere esplorato in mille modi diversi, così come quello della pazzia che porta un uomo a combattere criminali a mani nude vestito da animale.

 

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Questo non vuol dire che ci sia bisogno per forza di argomenti filosofici o seri, anzi, si può ancora inventare tanto anche sul fronte del semplice intrattenimento, senza però rinunciare all’originalità. Guardate ad esempio Deadpool, o il film italiano I peggiori, uno comico supereroistico che può insegnare a Hollywood come far ridere con una storia di supereroi che affrontano semplici truffatori o sfruttatori.

L’importante è sperimentare, inventare cose nuove ed originali. Bisogna tirarsi fuori da quei binari che stanno vincolando tutte le opere di questo genere come fece il signore degli anelli con il fantasy, perché c’è ancora tanto da dire, e sarebbe un peccato saturare l’interesse delle persone senza averne tirato fuori il meglio.

Il supereroe che ci meritiamo - lo chiamavano jeeg robot

Per concludere, ci tengo a far notare che una delle nazioni che sta riuscendo a rompere i canoni classici delle opere supereroistiche in maniera grandiosa è proprio l’Italia. Se avete guardato i sopra citati Lo chiamavano Jeeg Robot e I peggiori, o avete letto Ratman e altre opere made in Italy, avrete sicuramente notato come stiamo riuscendo a far emergere storie interessanti là dove nemmeno gli americani riescono a tirarsi fuori dagli schemi. La mancanza di risorse sta trasformando l’impossibilità di creare colossal in un vantaggio che tira fuori il meglio a livello di idee e concetti. Un bel segnale dai nostri creativi, che andrebbe sostenuto e apprezzato.

 

Vivere quest’epoca d’oro dei supereroi ci regala la possibilità di continuare a fantasticare come quando eravamo ragazzini e guardavamo Batman alla televisione o leggevamo i fumetti di Spiderman, immaginandoci con mantelli colorati che affrontavamo le ingiustizie del mondo. Il potere di questi eroi fuori dal comune sulla nostra immaginazione è tale che sarebbe un peccato non vivere avventura più interessanti insieme a loro. Nel tempo spero di veder nascere nuove storie del livello emotivo di Watchmen o dell’originalità di One-punch man. Spero che quest’apice del genere non si trasformi nel solito ciclo con un’inizio e una fine, ma piuttosto in una sua maturazione che ci regali emozioni, brividi e pianti come quando eravamo bambini.


 

Per oggi e tutto Viandanti, spero che questa mia riflessione sul genere supereroistico sia stata di vostro gradimento, e v’invito a dirmi qua sotto nei commenti la vostra opinione in merito. Se conoscete altre opere di Supereroi che non ho citato, ma che ritenete meritevoli d’attenzione, non esitate e consigliarmeli!

Per il resto, come al solito, se il contenuto di questa settimana vi è piaciuto potete condividerlo con i tasti qui sotto per aiutare la crescita della locanda.

Grazie dell’attenzione, e alla prossima storia!