
Per molti narratori, il finale di una storia ne rappresenta il suo cuore, e io non posso che trovarmi d’accordo.
Si può comprendere il vero valore di un racconto solo dopo essere giunti al suo finale, e da quest’ultimo dipenderanno gran parte delle sensazioni che ci rimarranno dopo.
Se è vero che è l’incipit ciò che ci attira, e lo svolgimento è ciò che ci cattura, alla fine dei conti tutto questo varrà ben poco se il finale non ci lascerà qualcosa da portarci con noi, dal momento che è solo la conclusione di una storia a sancirne il posto che le spetta nella nostra memoria.

Quando aprite un libro, fin dalla prima parola inizierete un viaggio che ha come unico scopo quello di portarvi alla risoluzione di ogni cosa. Lo stesso discorso vale per qualsiasi altra opera narrativa: ogni singola parola detta o non detta, ogni inquadratura, ogni persona nascosta in bella vista, sono tutti dettagli pianificati e costruiti dall’autore appositamente per fare in modo che arriviate al finale della storia nella giusta condizione emotiva per poterlo apprezzare pienamente. Il narratore vi fa una promessa all’inizio della storia e, proseguendo, vi accompagna nel corso di essa, facendovi affezionare ad alcuni dei suoi personaggi e facendovene odiare altri. Tutto ciò è finalizzato a portarvi nel punto esatto in cui vi voleva fin dal principio; per tutto il tempo gli permetterete di trascinarvi, inconsapevoli del fatto che in questo modo state consegnando le chiavi della vostra anima alla storia che avete deciso di vivere, dandole il potere di stravolgervi e segnarvi per sempre.
Poi arriva la conclusione.
I segreti vengono svelati, le illusioni mostrate per quello che sono, e i protagonisti raggiungono l’esito delle loro avventure in vostra compagnia. Tutto viene sconvolto e ciò che accade è definitivo. Vi commuoverete, vi rattristerete, riderete… Succedono tante cose quando una storia finisce.
Una conclusione può stravolgere una storia che ci era sembrata mediocre, ribaltandone il valore; allo stesso modo, un finale può far arenare una storia partita e sviluppatasi con tutte le migliori premesse, rovinandola e, di conseguenza, facendole perdere quel luogo importante che si stava guadagnando nel vostro immaginario.
Pensate ad opere come il romanzo Io sono leggenda, il cui finale valorizza così tanto tutto ciò che si è letto fino a poco prima da consacrare quest’opera come un vero capolavoro della letteratura. Allo stesso modo, prendete il finale di BioShock Infinite, Memento, Fight Club, Blade Runner o qualsiasi altra grande storia che vi venga in mente: vi renderete conto che in ognuna di essa il suo finale gioca un ruolo fondamentale nel peso delle emozioni che vi ha regalato.
Provo a farvi un ultimo esempio, questa volta prendendo in esame il peso che il finale ha sulla caratterizzazione di un personaggio: Severus Piton, della serie di Harry Potter.
Senza rischiare di fare spoiler (sarebbe un delitto privarvi dell’emozione di scoprire la sua storia), basta dire che per sette romanzi questo personaggio viene mostrato e caratterizzato costantemente, dandoci moltissimi elementi per valutarlo e farci provare determinate emozioni nei suoi confronti; eppure, nonostante le migliaia di pagine che compongono questa saga, è solo nell’epilogo che questo personaggio si guadagna di diritto un posto nell’olimpo dei personaggi meglio caratterizzati nella storia della narrativa. Se avete letto Harry Potter, sapete di cosa sto parlando, in caso contrario vi consiglio di rimediare, state rischiando di perdervi la storia di uno dei personaggi più interessanti di sempre.
Negli ultimi anni sono arrivato a trovare quattro caratteristiche che reputo fondamentali perché un finale sia degno di questo nome: essere coerente con quanto raccontato fino a quel momento; rispettare le aspettative create; non essere eccessivamente prevedibile e risultare complementare con la storia.
Ci sono poche cose che mi fanno storcere il naso più di quel senso di forzatura negli eventi tipico di alcuni epiloghi, e ancora di più quelli che non hanno un senso logico. Davvero, specialmente nel mondo del cinema, sembra che alcuni sceneggiatori chiudano le storie giusto perché devono, dimenticando le regole che loro stessi hanno dettato fino a quel momento e senza mostrare rispetto per le loro opere.
Se siete interessati a vedere dei finali costruiti in maniera magistrale, allora guardatevi uno qualsiasi dei film di Christopher Nolan, un regista che ha fatto dei suoi epiloghi un marchio d’autore. In particolar modo, vi consiglierei Memento e The Prestige: queste due opere rappresentano tutto ciò che io cerco in un gran finale degno di questo nome.
Il finale è il cuore pulsante di una storia, l’apice della forza emotiva che un’opera può avere nei nostri confronti. Il valore di tutto ciò che viene prima rimane in dubbio fino al raggiungimento dell’epilogo, perché è qui che si decide il potere di una storia!
Vi lascio con una frase di B. C. Craven, che leggenda vuole sia uno degli sceneggiatori anonimi più importanti di Hollywood:
Se trovate uno sceneggiatore che dice ‘ho un grande finale’, staccate un assegno e fategli firmare un’opzione. Quello ha un buon film.
Ancora una volta vi ringrazio per il vostro tempo, Viandanti. Spero che questa mia riflessione sull’importanza che ha un finale possa aver incontrato il vostro interesse. E voi, avete qualche epilogo che vi ha particolarmente conquistati?
Non esitate a dirmi la vostra nei commenti qua sotto, oppure a condividere quest’articolo in caso vogliate darmi una mano a portare nuovi avventori in Locanda.
Alla prossima avventura, Viandanti!
Articolo molto interessante! I finali che mi hanno sinceramente stupita sono stati quelli di ‘Shutter Island’ e di ‘The Others’, coerenti con il resto del film, ma anche in grado di ribaltarlo completamente negli ultimi minuti (un po’ come accade nel ‘Sesto Senso’) e che fanno quindi venir voglia di rivederlo una seconda volta, con una logica diversa. Che ne pensi?
amazedtraveller07
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Con Shutter Island è Il sesto senso hai tirato fuori forse due degli esempi migliori, due storie che guadagnano un valore tutti diverso dopo essere giunti all’epilogo. The Others purtroppo non ho ancora avuto modo di vederlo, nonostante sia sulla mia lunga lista già da parecchio, ma se mi dici che è un altra di quelle storie con un finale che colpisce e affonda, allora dovrò rimediare il prima possibile!
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Per quanto pensi che il finale sia una cosa fondamentale, e sono rimasto malissimo a vederne di pessimi in film/libri molto belli, non sono d’accordo sul fatto che tutte le vicende siano finalizzate ad esso (o almeno non credo sia così per tutti gli scrittori e i registi) Sarebbe un po’ come dire che chi scala le montagne lo fa solo per quello che c’è in cima, certo quella è una parte fondamentale, ma credo che la vera meta sia il viaggio in sé, lo spostamento. Questo accade in montagna così come per la letteratura e i film, parlo da autore, quindi con un minimo di cognizione di causa: per quanto la storia tenda ad un finale, io quando scrivo non punto ad arrivare al finale né a portarci il lettore, punto ad andare avanti, a scrivere provando ad impressionare e meravigliare. Il finale è la conclusione diciamo, dà un senso al resto è vero, ma non è tutto scritto in funzione di esso.
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Ciao Marco, ti chiedo scusa per la risposta così in ritardo, purtroppo impegni di studio e lavoro mi hanno tenuto lontano dalla locanda durante questi giorni. Ti ringrazio inoltre per il tuo commento, fa sempre piacere avere punti di vista diversi con cui confrontarsi.
Personalmente concordo con te sulla metafora della montagna, ma ritengo che quando si parli di narrativa ci sia una differenza sostanziale: la cima, per quanto potrebbe non rispettare le aspettative, non potrà sminuire la fatica fatta e le emozioni provate nel raggiungerla; al contrario invece, un pessimo finale può effettivamente rovinare ciò che si è vissuto di una storia fino a quel momento, sminuendo personaggi, non rispettando aspettative o anche infrangendo le condizioni dettate fino a quel momento. Per questo motivo sono convinto che sia il finale a decretare il senso e il valore di una storia. Ammetto però che hai ragione sul fatto che non sempre chi racconta sta finalizzando tutto al raggiungimento del finale, le mie parole prendevano in esame la mia esperienza personale, in quanto nelle storie che scrivo tendo a essere sempre focalizzato sul dove sto accompagnando il lettore, ma hai ragione a farmi notare che non si tratta di una condizione fissa. La tua riflessione mi ha però spinto a chiedermi quanto questo dipenda effettivamente da chi scrive, e quanto dalla storia che sta scrivendo: penso infatti che non dipenda tanto dall’autore quanto il finale pesi nella stesura dell’opera, ma più da cosa stia raccontando.
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