Post apocalittico – L’attrattiva della fine del mondo

Post apocalittico - L'attrattiva della fine del mondo TWD

La razza umana si trova sull’orlo dell’estinzione; la società è crollata, portandosi dietro ogni legge, sia essa dell’uomo o di dio; la sottile linea tra giusto e sbagliato diventa flebile e confusa.

Queste sono solo alcune delle caratteristiche più diffuse nel genere post apocalittico, un contesto che negli ultimi anni ha vissuto una spinta mediatica e narrativa superata solo da quella legata al mondo dei super eroi. Complice anche l’influenza dovuta al fortunato, quanto ormai purtroppo inflazionato, genere zombi, le storie con un contesto post apocalittico sono aumentate a dismisura negli ultimi quindici anni, regalandoci opere di spessore e successo senza precedenti come: The last of us, The walking dead, Maze Runner o Metro 2033; ma senza dimenticare anche grandi classici che hanno potuto godere di una seconda giovinezza, quali ad esempio Io sono leggenda o The road.

Post apocalittico - Ken Shiro

Il mio primo approccio a questo genere avvenne quando avevo all’incirca otto anni con la serie di Ken il guerriero. Ricordo ancora oggi le sensazioni contrastanti che provavo nel vedere Ken Shiro attraversare città devastate e lande aride dominate dalla violenza. Quel mondo, in cui a governare erano la legge del più forte e la fame, mi conquistò subito, posando il primo gradino di una scala che nel tempo mi avrebbe portato ad adorare questo genere narrativo.

Ma a cosa è dovuto questo fascino? Perché la fine del mondo, seppur con tutti i timori che dovrebbe portarsi dietro, risulta tanto interessante per la narrativa?

Personalmente credo che la risposta stia nella sua caratteristica principale, onnipresente in ogni storia post apocalittica: la morte della nostra società.

Che si tratti di un’invasione aliena, un virus che stermina la razza umana, catastrofi naturali o la solita apocalisse nucleare, poco importa; il post apocalittico prevede per sua natura che la nostra attuale struttura sociale crolli su sé stessa, impossibilitata a sopravvivere in un mondo privato delle regole su cui è cresciuto.

Non si tratta solo di una mancanza di giurisdizione, ma anche di un cambiamento nelle leggi morali dei singoli individui e nello stravolgimento delle priorità, oltre che delle scale sociali.

La mancanza di cibo pronto da consumare, l’assenza di competenze mediche accessibili, l’impossibilità di essere difesi dalle istituzioni, sono tutte cose che stravolgono il concetto di vita a cui siamo abituati, creando un mondo nel quale a contare sono la forza e la competenza materiale, e non il rango sociale.

La moneta perde ogni sua utilità, in quanto solo gli oggetti con un reale valore intrinseco sono utili per la sopravvivenza. Non importa quanto qualcuno potesse essere ricco prima della fine del mondo; nel momento in cui il suo conto in baca diventa inutile quanto la sabbia nel deserto, conteranno solo le sue reali abilità di adattamento, la sua forza fisica e la sua arguzia intellettuale.

Sarei pronto a scommettere che tutti voi conoscete almeno una persona che non sopravvivrebbe nemmeno una settimana in un ambiente del genere. Magari si tratta del vostro titolare, il sindaco della vostra città o una qualsiasi altra persona che nel nostro sistema sociale ricopre un ruolo importante, ma che senza convenzioni o comodità, trovandosi solo a fronteggiare la fame e il freddo, non saprebbe fare granché.

La fine del mondo ci metterebbe di fronte a un nuovo metro di misura con cui valutare l’importanza di ciascun individuo, e questa evenienza ha una sorta di giustizia meritocratica che, in differenti misure, può essere affascinante.

Lo stravolgimento delle classi sociali non è però l’unico fattore a determinare l’attrattiva di questo genere. C’è un’altra caratteristica presente in ogni opera post apocalittica, ma che si mostra in maniera più sottile, passando spesso inosservata: la crescita di spontaneità dell’individuo.

La mancanza di cibo, di sicurezza e di comodità, cambia la prospettiva dei personaggi di queste opere mettendoli di fronte a nuove priorità, che prima dell’apocalisse sarebbero state date per scontate, degne di poco più di un pensiero distratto. Queste esigenze portano le persone a dover mettere da parte la maggior parte dei loro principi per non venire schiacciati da questo nuovo mondo.

La moralità è un lusso che non ci si può permettere quando per sopravvivere è necessario essere più forti e più spietati degli altri, e questa verità l’abbiamo vista esplicata in un vasto numero di opere narrative.

post apocalittico - Negan

Non importa quanto sia eroico il personaggio di turno, alla fine dovrà per forza mettere da parte la versione più semplice e banale dell’essere buoni per proteggere se stesso e le persone a cui vuole bene, mostrando così la sua vera indole, priva di quei contegni e limiti che la società gli ha imposto fino a quel momento.

In un mondo post apocalittico non ci si può lasciar trasportare da falsa ipocrisia o eccessi di bontà irrealistica. Ogni azione ha il solo scopo di far sopravvivere il gruppo dei “buoni”, a qualunque costo. Si tratta di accantonare l’idealistica visione dell’eroe senza macchia in favore dell’eroe necessario, spesso anche a favore della cattiveria. Ogni personaggio diventa libero come non avrebbe mai potuto essere prima, emancipato delle catene dell’aspettativa di una collettività guidata da leggi e moralità ben definite. Si tratta del fascino del cattivo di cui vi ho parlato in un mio precedente articolo, nonché della forma più naturale di spontaneità caratteriale. Pensateci: Ognuno di noi, nel suo profondo, sarebbe una persona diversa se non dovesse rispondere delle sue scelte e azioni davanti al giudizio della comunità di cui fa parte.

Questo fenomeno da vita a una serie di situazioni nelle quali giusto e sbagliato perdono i loro confini, mettendo lo spettatore di fronte a emozioni contrastanti, che neppure lui sa bene come interpretare. Se avete giocato a The last of Us, o se avete visto la seconda stagione di The walking dead, allora avete un esempio di cosa sto parlando: scelte necessarie per la sopravvivenza del singolo, sia essa fisica o mentale, piuttosto che moralmente giuste.

Il contesto post apocalittico è quello che più si avvicina alla romantica idea che sia aveva negli anni sessanta del Far West. Un luogo selvaggio e pericoloso, in cui però tutto è alla portata di chiunque abbia il coraggio di rischiare.

Nelle sue opere l’eccentricità dell’individuo non è una debolezza, bensì la forza necessaria. L’angosciante ossessione dell’apparire perisce di fronte alla necessità di efficienza. Gli oggetti che prima ci possedevano ora diventano inutili. e noi diveniamo realmente liberi.

Cattiveria e violenza vengono viste in maniera diversa da come si fa in altre storie, e alla fine, senza nemmeno accorgersene, ci ritroviamo a tifare per un protagonista che non è distante dal suo antagonista né come metodi, né come motivazioni.

Un’altra caratteristica che ritengo degna di essere approfondita è la forte componente estetica dei mondi post apocalittici. Il suo immaginario, basato sul contrasto tra la natura e l’artificialità delle costruzioni umane, crea immagini suggestive, capaci di colpirci al cuore senza bisogno di parole superflue. Questo vale sicuramente di più per i media visivi, come film e videogiochi, ma anche nella letteratura ci sono romanzi in grado di descrivere paesaggi post apocalittici in grado di incantare la nostra fantasia.

L’idea della natura che rientra in possesso del suo pianeta, senza distruggere il passato, ma al contrario crescendoci in simbiosi, è una delle visioni più coinvolgenti ed emotive del panorama narrativo.

Post apocalittico - The last of us Giraffa.png

Grazie a questi elementi, il post apocalittico diviene un contesto narrativo in grado di regalarci storie con profonde tematiche sociali e morali, nonché situazioni in cui l’immedesimazione con i personaggi risulta immediata, permettendoci di assaporare quella dolceamara libertà che solo la fine del mondo può concederci.

La fine di ogni speranza nei confronti del futuro ci presenta infatti una rapida via d’uscita dai vincoli che la nostra società c’impone in cambio di comodità, sicurezza e semplificazione.

È questo il potere del post apocalittico: mostrarci la libertà di Essere dell’individuo attraverso la distruzione di ogni sua sicurezza; ma anche denunciare gli errori che la nostra razza sta commettendo, mettendo in scena le conseguenze alle quali stiamo andando contro; oppure ricordarci che il semplicistico concetto di giusto è sbagliato è troppo spesso solo un mero punto di vista.

Vi ringrazio per l’attenzione, Viandanti. Spero che questo mio approfondimento su uno dei generi che più apprezzo vi sia piaciuto. Se vi vengono in mente altre riflessioni riguardo questo argomento, o avete opere inerenti da consigliarmi, non esitate a scrivere qui sotto nei commenti! Se poi voleste anche dare una mano ad accrescere la Locanda e i suoi avventori, potete condividere questo articolo con i tasti qui sotto.

Buon viaggio, Viandanti, alla prossima storia!

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