Racconto breve – Il viandante dal deserto

Viandante sci fi

Il viandante arrivò al villaggio poco prima del tramonto.

Indossava un mantello logoro e sporco, pieno di strappi e di macchie che potevano essere colpa sia della sabbia del deserto, sia del sangue di qualche creatura.

Sulla schiena, assicurato con una cinghia di cuoio, portava un fucile particellare pieno di segni causati dall’usura. Non si riusciva a scorgere nient’altro della sua persona, coperto com’era dal mantello. Anche il volto, oscurato dall’ombra del cappuccio, era indistinguibile.

Non era raro incontrare individui del genere nelle lande perdute, ma lui aveva qualcosa di diverso nella sua andatura, una sorta di calma sicurezza che non si vedeva spesso in giro, specialmente di quei tempi.

Al suo passaggio gli abitanti del villaggio interruppero quel che stavano facendo per alzare lo sguardo nella sua direzione. Tutti lo osservarono sospettosi, ma nessuno gli disse nulla.

Erano ben poche le persone che passavano di lì, e ancor meno quelle che ci arrivavano dal deserto. Quello era un luogo pericoloso, pieno di predoni, schiavisti, assassini e dio solo sapeva quali creature. Chiunque fosse il viandante, di sicuro sapeva come difendersi.

Attraversò il villaggio senza dire nulla a nessuno, e senza mai distogliere gli occhi da davanti a sé. Non degnò di uno sguardo le catapecchie degli abitanti, tenute insieme con lamiere e vecchie assi di legno. Non diede l’impressione di notare la trivella dell’acqua al centro della piazza. Non lesse il cartello che intimava a chiunque aveva cattive intenzioni di stare lontano, pena la morte.

Camminò fino al grande container che faceva da locanda, unico luogo di svago per gli abitanti, nonché punto di commercio per le carovane, quelle rare volte che passavano di lì.

Appesa alla porta c’era una lastra d’acciaio con una scritta sopra: Niente armi. Qui non esiste la legge dell’Ordine, ma solo quella di Bach.

Il viandante rimase qualche secondo davanti al cartello e si guardo intorno.

Da dentro una catapecchia una donna scostò un’asse che le copriva la finestra, così da poterlo osservare meglio. Non era l’unica a tenerlo d’occhio: Due uomini seduti vicino alla trivella dell’acqua lo stavano squadrando. Uno di loro teneva in mano un coltello simile a una mannaia, ma con il filo dentellato; l’altro una mazza d’acciaio Cadriano che sprigionava scintille ogni volta che veniva premuto un pulsante in fondo all’impugnatura, cosa che l’uomo stava facendo a ritmo con il suo respiro.

Poco più in là, appoggiato allo stipite di una porta, un ragazzo che avrà avuto massimo quindici o sedici anni lo salutò con un gesto del capo. Quando il Viandante incontrò il suo sguardo, il ragazzo s’indicò gli occhi con due dita e poi li puntò verso di lui. Il viandante distolse lo sguardo ed entrò nella locanda.

Dentro l’aria puzzava di sudore ed escrementi. Il locale era formato da un bancone arrangiato alla buona e tre tavolini di ferro con qualche sgabello intorno. L’unica illuminazione era data da una ronzante lampada al neon che illuminava a mala pena metà dello spazio.

Oltre all’uomo dietro il bancone, c’erano tre uomini seduti intorno a un tavolo, con una bottiglia di liquore mezza vuota e vari bicchieri rovesciati qua e là.

Il locandiere era un uomo di mezza età, con due folti baffi bianchi e qualche capello spelacchiato. Il volto era segnato da una vita di scottature al sole del deserto e sporcizia incrostata. Quando vide entrare il Viandante si alzò dal suo sgabello e afferrò qualcosa da sotto il bancone. In meno di cinque secondi da quando era entrato, il Viandante si ritrovò con un fucile a pallettoni puntato addosso.

«Non sai leggere? Niente armi qua dentro» ringhiò il locandiere.

«Bach, immagino.» Rispose il Viandante in tono tranquillo.

«Se cerchi guai sei nel posto sbagliato.»

I tre clienti stavano osservando la scena divertiti.

Il viandante alzò lentamente le mani, in modo che il locandiere potesse vedere che erano vuote, poi afferrò la cinghia del fucile, stando ben attento a non toccarlo per sbaglio, e lo appoggiò di fianco alla porta.

«Così va meglio?»

«Abbassa il cappuccio» ordinò Bach.

Il Viandante ubbidì e abbassò il cappuccio, rivelando così un volto umano. Aveva dei lunghi capelli rossi tenuti legati in un codino sopra la testa, occhi verde scuro e un viso insolito, di quelli che si ricordano facilmente. Probabilmente non aveva nemmeno trent’anni.

Il locandiere abbassò il fucile con un grugnito e annuì.

«Volevo essere sicuro che non fossi un alieno del cazzo.»

Il Viandante non rispose.

I tre clienti, che fino a quel momento avevano assistito alla scena scambiandosi occhiate divertite, scossero la testa e tornarono a farsi i fatti loro. Sembravano quasi delusi da com’era andata a finire.

Il viandante afferrò uno sgabello e si sedette di fronte al bancone.

«Ne hai visti in giro, da dove vieni?» Chiese Bach appoggiando il fucile, ma tenendolo sempre a portata di mano.

«Non umani?»

«Sì, alieni. Ogni tanto provano a venire giù durante la notte per prendere dell’acqua dalla nostra trivella. Randagi schifosi, ne ho accoppato uno qualche mese fa. Sono così sporchi da far schifo anche solo a guardarli.» Sputò a terra per sottolineare il suo disgusto.

Il viandante pensò che era difficile essere più sporchi del locandiere e dei suoi avventori, ma decise che era meglio tenere per se certi pensieri. «No, non ne ho visti».

«Bene, meglio così. Di cosa hai bisogno?»

«Cibo. Ne hai di sano?»

«Sano?» Il locandiere scoppiò in una risata roca, «Dove credi di essere, a Holder? Ho una zuppa di verdure poco contaminate. Sembrano fresche, ma naturalmente non lo sono. Può andare bene per il tuo palato?»

«Può andare».

Bach fece per voltarsi, poi ci ripensò e tornò a fissare il viandante con sguardo sospettoso.

«Soldi per pagare ne hai?»

«Ti vanno bene i crediti dell’ordine?»

«Fammeli vedere prima.»

Il Viandante infilò una mano sotto al mantello in cerca di qualcosa. Non gli sfuggì che, nello stesso momento, Bach aveva di nuovo avvicinato la mano al fucile. Tirò fuori due dischi rotondi e verdi e li gettò sul bancone con noncuranza.

Bach ne afferrò uno e lo mise in controluce per poterlo osservare bene.

«Sembra vero» dichiarò. Poi si allontanò di un paio di metri e iniziò a preparare la zuppa. Le verdure che tirò fuori da un cassetto sembravano tutto fuorché fresche.

Dopo una decina di minuti, Bach mise sul bancone una ciotola di metallo piena di zuppa per metà. Aveva un brutto aspetto e un odore ancora peggiore, ma il Viandante iniziò a mangiare come se si trovasse in un ristorante di qualche grande città. Buttava giù cucchiaiate una dopo l’altra, senza quasi respirare nel mezzo.

Uno dei tre clienti, attirato dal suo appetito, fischiò di stupore «Guardate come mangia quello!»

Il Viandante lo ignorò e continuò a trangugiare il pessimo pasto.

Il cliente, d’un tratto più incuriosito, si alzò dal suo posto per andarsi a sedere di fianco allo straniero che tanto lo incuriosiva..

«Mangi proprio tanto, sai? Come uno che non mangia da molto tempo…»

«Levati dalle palle Jean, è il primo cliente pagante da settimane.» lo rimproverò Bach.

«Cos’ho fatto ora? Sono solo curioso di sapere da dove arriva il nostro nuovo ospite.» Nel dirlo, Jean si appoggiò sul bancone in modo che ci fossero meno di due spanne tra lui e il viandante. Sul viso arrossato dall’alcol aveva un sorriso sprezzante, tipico di chi vuole attaccare briga.

«Scommetto che arrivi dal deserto, vero? Sì, hai proprio la fame di uno che viene dal deserto.»

Il Viandante buttò giù l’ultima cucchiaiata di zuppa e porse la ciotola al locandiere.

«Ancora, per piacere.»

Bach afferrò la ciotola, ma prima di riempirla prese anche il secondo disco verde che era rimasto sul bancone.

Jean parve infastidito dall’atteggiamento del Viandante, ma continuò comunque a sorridere facendo finta che tutto andasse bene.

«Sai come so che vieni dal deserto? Perché ne ho visti altri come te arrivare da lì. Avete sempre tutti la stessa fame. Brutta storia attraversare quell’inferno.

«C’è stato un tizio, tre o quattro mesi fa se non ricordo male. Era arrivato come te, dal deserto. Si era accampato a un paio di miglia da qui per riprendersi dal viaggio, sai com’è. Due giorni dopo, però, è arrivato un cacciatore di taglie da Holder che lo stava cercando. L’aveva inseguito per giorni senza mai perderlo, un vero figlio di puttana duro come la roccia. Ci ha chiesto dove fosse accampato, e poi è andato a fargli un saluto, se capisci cosa intendo.»

La seconda ciotola di zuppa arrivò sul bancone e il Viandante riprese a mangiare, con più calma questa volta.

«Basta, Jean» tentò inutilmente Bach di chiudere il racconto del suo cliente.

Naturalmente Jean lo ignorò di nuovo, «quel tizio era ricercato dai Ranger dell’Ordine. Aveva una bella taglia sulla testa…»

All’improvviso la tensione nel container salì. Il Viandante smise di mangiare e appoggiò il cucchiaio di fianco alla ciotola.

Jean parlò di nuovo, e questa volta la minaccia nella sua voce fu evidente. «Chissà che anche tu non abbia una buona taglia sulla testa».

Nella stanza calò il silenzio. Seguirono alcuni secondi nei quali tutti attesero la risposta del Viandante. Ora che era stato instillato il dubbio, anche Bach si era fatto di nuovo sospettoso.

Quando il viandante decise finalmente di parlare, tutti si fecero attenti.

«Fatti un favore: torna a sederti.» Lo disse con calma, senza neppure voltarsi verso il suo interlocutore. Poi, come se niente fosse, riprese il cucchiaio e ricominciò a mangiare.

Jean divenne paonazzo, un po’ per il caldo e il liquore che aveva in corpo, un po’ per la rabbia.

«Fottiti figlio di uno scrum!» diede una manata alla ciotola di zuppa, che volò dall’altro parte della stanza spargendo il contenuto lungo tutto il pavimento.

Gli altri due clienti si alzarono per dare man forte al loro amico.

Bach afferrò il suo fucile e sbuffo seccato, «Ora basta ragazzi…»

Prima che il locandiere finisse di parlare, Jean tirò un pugno verso il volto del Viandante tanto velocemente che a tutti parve certo come sarebbe finita quella storia.

Ma il colpo non arrivò mai a destinazione.

Il Viandante mosse una mano a mezz’aria, e Jean venne sbalzato via senza nemmeno essere toccato. Volò per tre metri e sbatte contro la parete del container per poi cadere su un tavolino che cedette sotto il suo peso con un rumore di ossa rotte ad accompagnare il tutto.

I due amici di Jean si paralizzarono sul posto con gli occhi sbarrati. Erano sbiancati, e sui loro volti c’erano incredulità e terrore, ma anche una nuova consapevolezza, come se avessero appena capito ogni cosa.

Il viandante aveva sbalzato in aria Jean senza neppure toccarlo, questo poteva voler dire solo una cosa…

Uno dei due uomini rimasti in piedi cadde in ginocchio in preda ai tremori. L’altro provò a balbettare qualcosa: «S-scusaci… noi non sapevamo che fossi uno di loro…»

La tensione nella stanza aveva abbandonato il suo posto in favore di un inquietante terrore.

Il Viandante non degnò di uno sguardo né i due clienti rimasti, né Jean, accasciato a terra in una posizione innaturale. Si voltò invece verso Bach, che ora sembrava dieci anni più vecchio, paralizzato con il fucile puntato verso il viandante. Quando se ne accorse lasciò cadere a terra l’arma di scatto, come se si fosse scottato.

«Non volevo… davvero, io… per favore non ucciderci…»

«Hai della carne? Di montone o di yuk?» chiese il Viandante con calma.

Bach parve preso alla sprovvista da quella domanda, ma annuì, «ho dello yuk».

«Fammelo da portar via, per piacere» Le parole davano l’impressione di essere una richiesta, ma il tono non lasciava possibilità di rifiuto.

«Certo, subito.»

Bach aprì una credenza e ne tirò fuori due grossi pezzi di carne, tagliati a mano e malamente, e un sacco di tela. Le mani gli tremavano così tanto che ci vollero tre tentativi per fare una sacca da viaggio e legarla con dei lacci in modo che potesse essere trasportata facilmente. Quando finalmente ebbe finito l’appoggiò sul bancone e indietreggiò di due passi per non stare troppo vicino.

l Viandante si legò la sacca sulla schiena, sotto al mantello, e tornò a rivolgersi al locandiere: «quanto ti devo?»

«Nulla, assolutamente nulla» rispose Bach deglutendo vistosamente.

Il Viandante tirò fuori un altro disco di credito, questa volta rosso, e lo fece cadere sul bancone. Poi andò alla porta, raccolse il suo fucile e si coprì di nuovo la testa con il cappuccio. Infine uscì dal container.

Fuori, gli abitanti del villaggio che l’avevano osservato con tanto interesse al suo arrivo erano ancora tutti nella stessa posizione di quando era entrato, incuranti di cosa fosse successo all’interno della locanda.

Il Viandante passò di fianco alla trivella dell’acqua. Sulla console d’accensione c’era una macchia di sangue, probabilmente del non umano che Bach si vantava di aver ucciso settimane prima. Non ci fece troppo caso, attraversò il villaggio nella direzione opposta a quella da dove era arrivato e si allontanò nel nulla così com’era giunto.

5 pensieri su “Racconto breve – Il viandante dal deserto

  1. Tutto si può dire tranne che io sia un lettore accanito, ma questo breve racconto mi è piaciuto molto e l’ho letto con molta attenzione.
    Mi piace molto il modo in cui tutto sembra filare liscio, senza pause inutili. Si bada al sodo. Poi adoro il post apocalittico, quindi .. 😉

    Piace a 1 persona

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